tra le tue labbra la nostra differenza

amore mio, mi accordereste quest’ultimo valzer

ci avrebbe trasportati nel suo viaggio eterno
se non fossimo stati mantenuti a distanza
barriera del linguaggio rosso da gustare

inquietante negli anfratti della psiche
la verginità nauseabonda
mare di sangue, uniformità

la fotografia che mi porgi ha dei colori cupi
manipola l’immagine, un volto si sovrappone, la divora

le parole fuori dalla lingua
una bocca larga infinitamente grande
assorbe il nutrimento squallido della sembianza

non mandare alla morte
i lupi che urlano
non la morte ma la vita,
ci assomigliano

le tue dita posate sulle mie labbra
labbra belle, bellissime che l’attesa screpola
corrode come una patologia

mi frantuma nella notte acida sotto un cielo di piombo
ne esco tappezzata con spine d’ortica
incondizionata di te

le tue labbra, la mia malattia del malessere sprezzante
la durata inghiotte e stende ad ogni ora la nostra differenza.

le rose di notte

la parola nel gelo del proprio senso
non è mai abrasiva falsifica l’apparenza
macchiata di sangue

realizzata sulla mappa geografica del sentire
rinuncia nella pratica per troppa superbia
spaventata dal probabile e dalla direzione inesistente

oggi tutto cambia

indovini che lascerai questa lucidità errata
la fede dell’istante condizionato
senza ferita né mutilazione

la disperazione non si lascia mai aggredire si consuma da sé
se ne andrà senza dubbio nella tristezza

bisogna dare molto per ricevere abbastanza
in veglia lo spirito e l’orecchio
sollecitare gli altri sensi nell’irregolarità di un sogno surrealista

la natura è più tenace di ogni cosa
dove l’uomo non trova il posto adatto
lascia delle tracce transitorie nello scorrere dei luoghi
perché i paesaggi non hanno nulla di ostile
la luce si evolve netta con un primo piano sull’infinito

il colore delle rose, durante la notte.

abracadabra

dietro le colline ci sono altri paesaggi
hanno preso le linee del tuo viso,
riaggiustati o concavi

non so davvero
la mia preferenza

seduta sul mio letto, immagino noi
interamente vestiti di grigio
in un appuntamento tardivo

la vita un mostro invisibile

mano nella mano, il passo ribaltato
a vedere l’acqua stagnante
le città addormentate sotto un sole di piombo

un uomo, una donna
il vizio e la voglia
che importanza ha

parleremo ancora d’amore se vuoi
il tempo lo dissolverà.

tristesse

sul selciato umido hai trascinato i tuoi passi
tra le banche, verso il lago
oppure tra quattro mura sporche
in una stanza ombrosa a imbastire la disperazione

fuori la pioggia, eterno autunno,
anime ammuffite si sbriciolano sotto le dita
impotenza di essere nell’altro
l’altro costituito dai suoi meandri

una tristezza pallida plana discreta, piena di rughe
che il tempo ha imbiancato
il canto di un ubriaco sul calare del giorno

finalmente la solitudine si fa avanti
l’unico modo per sentirsi meno lontano da tutto
ricomincia l’indomani, una segreta antica malattia.

ma bohème

per un attimo ci crederesti a delle contro storie
nel contro canto del soldato morto 
che fermerà la guerra

ma tu non credere in quello che vedi
in quello che senti, questa lingua estranea 
ci fa sentire più vicini

e conosci gente stabile che possiede una patria
la magia scatenata nel nominarla fa quasi paura

l’era dei miracoli continua a penetrarci
scorre dalla tua bocca alla mia
un bacio voluttuoso su labbra bellissime
che il tempo non sfiora

qualcosa di sbagliato in noi persiste
nella nostalgia di un passato inglorioso
non sa creare altra memoria

la volta stellata dal quarto piano è così affascinante 
al di sotto delle montagne c’è un mare pietrificato 
da un silenzio insolito

cos’è dunque successo ora che tutto 
è stato voluto

la vita è così bella piena di fantastiche delusioni
non si nota davvero la sua mancanza
la promessa della sua presenza
meretrice e mondana l’arte.

storie vere

le storie particolari sono tutte vere emergono come i ricordi appena sussurrati nell’orecchio di una persona cara e gli si perdona la sua assenza, sotto la coperta caliginosa del tempo che avanza soltanto da un lato, quando un discorso creativo si inserisce nel presente le cose diventano più umane più accettabili

le storie sono tutte vere tranne una
parola fredda, parola calda, parola cotta, escono da sole e ci lasciano perplessi con la voglia di dire qualcosa di importante l’interrogativo di sapere se possiamo salvare la frase

il disamore è una malattia contagiosa
perché amare significa non dover chiedere
ogni volta è la trama di un passaggio
un istante insignificante
dove il corpo e il mondo cambiano

quando si tratta di scrivere non è giustamente non sapere quello che diventa necessario, un suono diverso

ricominciare in piccole misure, parlare di tenerezza, rallentare la continuità tra il giorno e la notte

i passi si fanno partenza
l’erba sotto il vento
paura di piegarsi.

passami l’accendino

In certi momenti mi vengono pensieri strani, come quello di perdere la vista e non vedere più niente. So già cosa mi dirai- l’importante è quello che sta dietro agli occhi stampato con un inchiostro indelebile- la tua saggezza riesce quasi sempre a rasserenarmi o piuttosto la tua incoscienza del vivere leggero. Non so perché io vado giù pesante.

Oltretutto il discorso di chi scrive è quello di innamorarsi delle proprie frasi, trascina il suo spleen e tesse una rete di corrispondenze elaborate in una stanza degli echi che mette la solidità della parola a dura prova, quella che fa una promessa e quella che redige libri. Falliscono entrambe nella diversità del reale in un apoteosi maiuscola di esistenze capovolte con tutta una lista di inventario commerciale, nella povera casa dell’immaginazione. Il sapere è dappertutto salvo che nel sapere, lo puoi trovare nel supermercato, luogo ideale per nutrire oltre al ventre anche la mente e i tabù degli innamorati in mezzo agli scaffali pieni di frutta. Cercare delle verità nel gioco della verità dove i dadi sono stati manipolati, le carte truccate, la menzogna un sogno.

Non rimane che partire nel cuore di una spedizione in carne sconosciuta, distillare lentamente un pezzo di universo infinitamente piccolo delle cose non finite, per un attimo ti sembra di sfiorarlo con la punta delle dita. Invenzione di uno schema surrealista nella speranza che riesca a lasciare dietro di sé questa cultura gelatinosa e impersonale.

dove vai

la luce oscilla avanti- indietro
felice monotonia la regola
ondeggia nella trama delle inquietudini

il grido si è fermato sulle labbra
l’impossibilità di un universo
nel timore delle parole spogliate
da ogni artificio

in questa terra rossa che vi ha visti partire

è forse l’iride che si riempie con il niente,
oppure cerca di trasmettere qualcosa
un’altra verità nel manto del cielo
stellato

quale storia mancata

ma non eri tu, non ero io
nel largo della notte a cadere
in un panorama di abissi

hai del fuoco?

fuoco serpentino

sopra un muro il destino
un miraggio della soffocante
estate che avanza imperturbabile
sulle ore pervase da un odore stantio

i petali di un fiore, la conta dell’innamoramento
si attorcigliano le passioni contagiose
le tue dita morbide sulle mie labbra carnose

da tre giorni non ho fatto che bere
acqua di mare

il brivido dei baci ricevuti
sul tuo corpo la tentazione
e a furia di percuotere la roccia
l’istante è diventato più resistente
l’azzurro con il suo porto lontano
dove il fuoco si consuma per disprezzo

il desiderio del mare all’improvviso
i pesci hanno un sesso indefinito

più tardi voltai le spalle alla terra rugginosa
lo sguardo verso l’orizzonte
tagliava e separava come un rasoio
il cielo dall’acqua, voglia di gridare
la voce distante dalle orecchie umane
vagava sull’immensità marina.

le piace Bach?

è sempre di luglio la partenza
dove vanno a finire le estati
di quelli che amo

momenti che passano lasciano delle tracce
impregnate dagli esseri, dai luoghi percorsi

non ho mai trascurato la mia esistenza
datavo nella perdita un nuovo flusso
avventura insensata, così va l’arte

si danza, si freme, ci si dondola
color prato, strada parcheggio
intorno alla veste dipinta di rosa

prodigiosa leggerezza
un nome illusorio
porto sul mio cuore, sì.