amore mio, mi accordereste quest’ultimo valzer
ci avrebbe trasportati nel suo viaggio eterno
se non fossimo stati mantenuti a distanza
barriera del linguaggio rosso da gustare
inquietante negli anfratti della psiche
la verginità nauseabonda
mare di sangue, uniformità
la fotografia che mi porgi ha dei colori cupi
manipola l’immagine, un volto si sovrappone, la divora
le parole fuori dalla lingua
una bocca larga infinitamente grande
assorbe il nutrimento squallido della sembianza
non mandare alla morte
i lupi che urlano
non la morte ma la vita,
ci assomigliano
le tue dita posate sulle mie labbra
labbra belle, bellissime che l’attesa screpola
corrode come una patologia
mi frantuma nella notte acida sotto un cielo di piombo
ne esco tappezzata con spine d’ortica
incondizionata di te
le tue labbra, la mia malattia del malessere sprezzante
la durata inghiotte e stende ad ogni ora la nostra differenza.